Il laboratorio Sentirsi parte di un Paesaggio è un viaggio che indaga l'assenza, le sottrazioni per trasformarle in addizioni personali. Un percorso che accompagna ad uno sguardo nuovo, andando oltre il visibile, nella sospensione tra conosciuto e ignoto. Una proposta di riflessione su se stessi attraverso le fotografie di Luigi Ghirri. Nel laboratorio Sentirsi parte di un Paesaggio ogni partecipante avrà l’occasione di confrontarsi con le opere esposte cercando di osservare e ricostruire quel vuoto lasciato appositamente sospeso da Ghirri in tutto il suo lavoro di ricerca fotografica.

Come poter entrare dentro questo Paesaggio assente?
Come poter leggere un nuovo alfabeto che utilizza le immagini come parole? Qual è il confine tra realtà e rappresentazione?
Esiste un modo giusto di guardare?

Luigi Ghirri è un testimone di ombre, oggetti silenti, frammenti, paesaggi della mente e del reale. È un poeta del paesaggio reale. Paesaggio conosciuto, ma poco spesso osservato: è il mondo che ci circonda e del quale tutti noi facciamo parte. Le sue immagini raccontano il quotidiano, sono “fotografie lente” che creano uno spazio di silenzio dentro l’osservatore, aprendo i pensieri verso un altrove.
Ghirri vuole insegnarci a guardare con nuovi occhi quello che in apparenza sembra povero e banale, cercando di accompagnarci nel comprendere meglio la realtà in cui viviamo, così confusa e disordinata.
Soffermandosi davanti alle sue foto ci si sente affettivamente coinvolti dal suo sguardo nelle cose del mondo; è un osservare il quotidiano, il suo, con un intenso sentimento di amore. E’ per questo, anche, che le sue immagini sono strumenti utili per interpretare la realtà, fornendo una guida alla lettura dei nuovi contesti urbani e sociali. È un modo di porsi in antitesi all’oggi nel quale tutti noi siamo immersi: un mondo che ci vuole veloci, ci sottopone ad una stimolazione visiva massiccia e totalizzante, opacizzando il nostro saper vedere il reale. Il rumore visivo è assordante.

Le foto di Ghirri sono, quindi, una possibilità di poter vedere in maniera nuova il mondo a chi non lo sa più guardare. Sono una possibilità per poter riprendere fiato.
Le identità dei soggetti rappresentati spesso di spalle, sono indebolite se non cancellate, venendo fagocitate nel paesaggio nel quale sono immersi. Lo stesso autore si azzera per lasciare spazio all’immagine. E’ così che noi osservatori entriamo completamente nella scena, creando così un indissolubile legame tra il fotografo, chi è ritratto e la scena rappresentata. Noi diventiamo l’immagine, noi diventiamo Luigi Ghirri. Le sue immagini lasciano volutamente spazio e libertà di osservazione, come una porta aperta allo sguardo che si confronta in un punto di equilibrio tra l’interno e l’esterno, tra quello che è inquadrato e quello che non lo è. Le sue fotografie non sono racchiuse dentro una cornice, ma continuano idealmente al di fuori, nel mondo reale, nel momento presente. Racchiudono solo una piccola parte del mondo che distrattamente vediamo. Tutto il resto rimane fuori. Ed è proprio questa cancellazione del reale che rende il lavoro di Ghirri capace di produrre inconsciamente nuovi significati: immagini che sono pura assenza, che procedono per sottrazione.

Ecco che la mostra Luigi Ghirri. Viaggi / Fotografie 1970-1991 diventa uno spazio di riflessione nel quale verranno forniti gli strumenti per poter stare nel museo in un modo nuovo, con una diversa presenza consapevole e attenta, attraverso l’ascolto del luogo, l’osservazione lenta, accogliendo il qui e ora del momento presente. Fotografia istantanea, scrittura, dialogo e mindfulness saranno gli strumenti che accompagneranno ad una visione profonda del viaggio di Luigi Ghirri, per riuscire a vedere come se fosse la prima e l’ultima volta, ripulendo lo sguardo. Per sentirsi parte dei suoi Paesaggi.


La cancellazione dello spazio che circonda la parte inquadrata è per me importante quanto il rappresentato ed è grazie a questa cancellazione che l’immagine assume senso diventando misurabile. Contemporaneamente l’immagine continua nel visibile della cancellazione, e ci invita a vedere il resto del reale non rappresentato - Luigi Ghirri, Kodachrome, 1978

Dopo il diploma all’Istituto d’Arte di Venezia (1999), continua la sua formazione nell’immagine diplomandosi al corso triennale di Design Industriale di Padova (2007), cominciando ad instaurare rapporti e collaborazioni con diversi fotografi. Nasce così  il suo percorso visivo che ha radici profonde dentro una sua personale indagine nell’Identità.
Crede fortemente nella divulgazione culturale, portando oggi il suo lavoro di ricerca in musei e fondazioni di molte città italiane.
Integra il teatro performativo e la pratica della mindfulness al suo percorso, applicando così nei sui lavori un nuovo approccio di presenza e di utilizzo del corpo, di ascolto nel silenzio e di osservazione lenta per poter riscoprire e condividere il Genius Loci dei luoghi, fisici e metafisici, in cui si trova ad operare.
Oggi si occupa di progetti di arte relazionale e crea laboratori per la didattica museale in tutta Italia.

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